Attualità

La Settimana Santa molfettese vista con gli occhi di un ateo

Domenico De Stena
La coda nei pressi del Purgatorio
Le riflessioni di Mauro Panunzio, che ha lavorato per la realizzazione del "sepolcro" al Purgatorio
scrivi un commento 1941

“Rolling Stones live @ Chiesa del Purgatorio” è la frase che leggiamo su Facebook e che correda la foto (riprodotta in alto) della coda lunga qualche centinaia di metri, dalla chiesa del Purgatorio sino a molto dopo la cattedrale.

Pensiamo subito che all’esposizione delle statue del Purgatorio stasera, giovedì santo, ci sia più gente rispetto agli altri anni. Del resto ce l’aveva preannunciato Vito, che ateo non è e che per l’allestimento delle statue aveva lavorato giorno e notte, fino a qualche ora prima che il portone del Purgatorio si aprisse: “Vedrai che la coda delle persone quest’anno arriverà a Bisceglie”.

In fondo è così: le cose belle si fanno attendere e per raggiungerle e per ammirarle bisogna essere pazienti. E di pazienza, chi si è messo in coda in corso Dante il giovedì santo ne avrà avuta tanta.

Niente Mick Jagger e Keith Richards; l’accoglienza nella chiesa del Purgatorio è affidata a Santa Veronica e a San Pietro. Al centro praticamente un fiume di acqua limpida che scorre.

Muovendo la testa, come per capire dove sia la sorgente di questo fiume, si staglia nella sua bellezza la Pietà plasmata da Giulio Cozzoli. Intorno a lei, le restanti quattro statue che di lì a 48 ore saranno portate in processione per le vie della città.

Poche luci di candele aiutano la contemplazione della scena riprodotta, le tante rose bianche poste ai piedi della Madonna completano il quadro ispirando meditazione ma anche tante metafore. Metafora come quella utilizzata da chi il sepolcro lo ha ideato, studiato e riprodotto.

Mauro Panunzio su Facebook prova a dare un indirizzo al lavoro realizzato, scrivendo: “La spiritualità si riflette nell’acqua, fonte della vita, dalla sorgente, rappresentata da una cascata di rose bianche diventa torrente”. Metaforicamente tutti siamo lì ai piedi della Madre di Dio, con animo contrito immagini forti che colpiscono l’animo del molfettese credente o meno.

Il dato è che comunque qualcosa queste statue suscitano nell’animo del molfettese: sarà devozione, sarà curiosità, sarà semplice intrattenimento, ma si tratta comunque di qualcosa della città in cui vivi e che piaccia o no non scomparirà mai, facendo parte del tessuto sociale.

Abbiamo provato a chiedere cosa pensi Silvio di tutto questo –naturalmente dal punto di vista antropologico- consapevoli che con la differenza è possibile convivere e dialogare; e che quindi anche da un ateo è possibile scambiarsi i punti di vista anche a proposito dei riti della Settimana Santa, un qualcosa che si ripete da tanti anni a Molfetta e che, costituendo un segno forte dal punto di vista della fede come della tradizione, è tramandato di padre in figlio e non deve mai deragliare sui binari del fanatismo o di altre pratiche.

Convivere, dialogare sui contenuti delle cose, con chi la pensa diversamente è sinonimo di Pace (con la P maiuscola) e questo valore esula dal credo religioso, dal colore della pelle e da tante altre strutture che minano oggigiorno la convivenza fra gli uomini. E il ‘convivere nelle differenze’ è un concetto che il molfettese ha ascoltato ed imparato molto bene grazie all’indimenticato Vescovo don Tonino Bello. E costituisce il seme di un mondo migliore.

“Comincio col dire –scrive Silvio- che era veramente tanto tempo che nnon vivevo la settimana santa molfettese in centro città, e non perché nio da ateo rifiuti l’evento, ma per semplice volontà di fuggire ndall’affollamento asfissiante un po’ come si fa per la fiera insomma. nBeh, quest’anno ho deciso di vivere i luoghi caldi della tradizione e nnon me ne sono affatto pentito, anzi penso che lo rifarò ogni anno”.

“Iln primo impatto che ho avuto è stato proprio quello visivo e nstraordinario della lunghissima coda davanti alla chiesa del Purgatorio nquando non erano neanche scoccate le 7 di sera, e ho subito pensato, ncome forse neanche credevo, che il patrimonio molfettese della Settimana Santa non è affatto un residuo di tempi al tramonto,n è un fermento, è vivo, ed ha grosse potenzialità di trasformazione ed nadattamento ai tempi a venire. E questo perché, al contrario di nartificiose rievocazioni storiche a cui troppo spesso viene assegnato nciecamente un bollino Unesco non meritato, il nostro patrimonio sa nessere collettivo e partecipativo, capace con il momento dei sepolcri, ncon le confraternite e con le relazioni ed i legami che queste npermettono di intrecciare e sciogliere, di superare la divisione statican fra attore e spettatore che troppo spesso viene messa in scena in moltin contesti definiti tradizionali, per coinvolgere invece l’intero tessuton cittadino nella costruzione stessa della settimana santa.

Forse il momento che mi ha confermato questa vitalitàn e questa partecipazione è stata proprio “l’uscita” delle 3.30 del nmattino del venerdì. Io avevo quasi scommesso con altri che nprobabilmente con gli anni questo particolare evento avesse perso di nintensità, in particolare perché pensavamo che sarebbe stata una parata ndi statue circondata da uno stuolo di telefonini a fotografare e nregistrare il momento come molto spesso accade in occasioni di nspettacoli in cui attore e spettatore sono divisi dal palco e ndall’evento stesso. Sono stato molto npiacevolmente smentito. Il rispetto e l’intensità del momento, e la npartecipazione della cittadinanza, si sono visti non soltanto nel nsilenzio rituale che ha accompagnato le marce, ma soprattutto nella nsorprendente scarsità di dispositivi di registrazione, quasi a testimoniare che l’evento è stato vissuto da ciascuno in prima persona, senza sentirsi parte di un pubblico passivo”.

sabato 22 Aprile 2017

(modifica il 30 Luglio 2022, 4:22)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti