“La post”, rigidamente in dialetto, era uno dei luoghi del cuore di centinaia di molfettesi. Non lo è più perché da ieri l’edificio che ha accompagnato partite e interi pomeriggi di ragazzini che in quel quadrilatero si sentivano piccoli Maradona, è stato demolito. Lascerà spazio a un futuro nobile e degno, ci mancherebbe. Lì infatti sorgerà il nuovo centro anti violenza per restituire nuova vita a un locale che in effetti ultimamente era custodito più che altro nella memoria dei protagonisti.
Ma resta pur sempre un pezzo di memoria che va via. Come dimostrano foto e video postati in queste ore praticamente in ogni lato dei social network.
“Non era un semplice edificio – per dirla con le parole di Giovanni Ciocia – ma un posto di ritrovo per tutti i ragazzi. Sono nato in quella zona, a rione Paradiso. Lì ho dato i primi calci a un pallone. Avevo cinque anni e scendevo in strada”.
Come lui, tanti altri, che dalle 14.30 percorrevano qualche decina di metri, tra il portone di casa propria e quella piazza che rappresentava più del Santiago Bernabeu. Ad aspettare la ciurma c’era ineludibilmente già qualcuno che palleggiava. In due arrivava il momento dei passaggi. Quindi il numero aumentava, e iniziavano sfide epocali. Sfide non solo tra i ragazzi del quartiere.
Alla “post”, infatti, c’era l’abitudine di ospitare i match clou di vere e proprie competizioni. Una sorta di Champions League che comprendeva i quartieri, ognuno dei quali aveva una propria maglia. La rivalità più grande era con “la strada larga”, che, intendiamoci, dista solo qualche centinaio di metri. Ma c’era il piacere di giocare in trasferta, o di ospitare i trasfertisti. “Se rione Paradiso – ricorda Beppe Teatino – era l’Europa e le piazze erano le nazioni, alla posta si svolgeva la Final Four”. Cosa si vinceva? Una bottiglia d’acqua. Bastava e avanzava.
Per i meno fanatici di calcio c’erano “battipalla” e “o’mandalù”. O c’trav loung (e dio sa come si scrive) e “guardie e ladri”. Poi c’era lei, la “chenele”, che tradotto vuole dire la canalina dell’impianto idrico. Il gioco era facile facile. Occorreva colpirla, chi faceva centro aveva più punti. Ma il bello era che se non la prendevi, e la palla finiva semplicemente sul muro, rimbalzando chissà dove, lo sfortunato doveva andare a recuperarla e tirarla di prima intenzione, e così “in eterno”. Per gli amanti degli oratori, in altre parole, era la versione fatta in casa del “palo, traversa e gol”.
“Si giocava nello spiazzo grande – prosegue Beppe – poi ci hanno messo gli alberi in mezzo ma si è continuato a giocare, con gli alberi stessi a fungere da pali delle porte. Anche nelle due piazzette laterali si giocava senza soluzione di continuità, con le porte piccole e due pietre a fare da pali”. Impossibile dimenticare forme assai particolari di sport. Per esempio quello di chi usava la “chenele” come se fosse un’asta per volare letteralmente sull’edificio della posta. Oppure chi si piazzava agli angoli della strada, e per dispetto scagliava il pallone sui balconi dei vicini. Un vero dispetto.
E qui si apre un altro capitolo. Potete immaginare la gioia dei residenti nel sentire ogni santo giorno il rumore dei palloni. O la felicità di chi parcheggiava auto che in qualche modo diventavano parte integrante delle partite.
“Qual è l’aneddoto che ricordo con più piacere? La partita in notturna – conclude Giovanni –Dopo la processione dei Cinque Misteri, alle 4.30 si giocava a calcio. Ovviamente non eravamo silenziosi, arrivavano i carabinieri e noi correvamo ovunque, conoscendo ogni centimetro di quella zona e sapendo dove nasconderci”.
E mica erano beccati. Quel posto era un angolo di casa. E se i genitori si sentivano sicuri di farli giocare, carabinieri a parte, figurarsi se i ragazzi con altrettanta sicurezza non sapevano dove nascondersi.
Episodi di vita vissuta e sorriso sulle labbra. Lo stesso che pervade il volto di tanti al ricordo di un mito dello sport molfettese che assai spesso si avvicinava alla “post”, guardava partite, rideva compiaciuto e magari scovava nuovi talenti. Era il professor Zaza. Anche i suoi baffoni sono un pezzo di storia. E non solo della “post”.
Ma dove si trova questa struttura?!?
Tutto vero . Una parte della mia infanzia che si cancella ????
Intanto per demolire la posta é interpellata una ditta di fuori molfetta; come se noi non avessimo i mezzi per farlo. GRAZIE COMUNE DI MOLFETTA! Firmato da una ditta iscritta al comune che fa questi lavori.
Io spero che allarghino un Po le strade adiacenti il minimo che consenta di poterle percorrere senza dover far danni alle auto parcheggiate ..
Per chi ce la faceva a giocare a pallone alle 4:30. Io a malapena riuscivo a tornare a casa a piedi.