Hanno dai 18 ai 30 anni, quindi da poco diventati maggiorenni o freschi di tuffo nel mondo del lavoro. Sono i “cervelli” più giovani, quelli che si trovano a fare i conti con i dilemmi del futuro e le incertezze del presente. Sono tanti, tantissimi, quelli che dal 2008 ad oggi, quindi negli ultimi nove anni, hanno abbandonato Molfetta per cercare fortuna e possibilità altrove.
Secondo un’indagine Istat, commissionata dal periodico L’Espresso, la nostra città è tra le prime in Italia e la prima in Puglia per decremento percentuale della popolazione giovanile (tra 18 e 30 anni). In altre parole, in nove anni, Molfetta ha perso il 14,36% di questa fetta di popolazione. Uno ogni sette lascia la sua terra e parte, con la valigia piena di cose e di sogni.
Molfetta è la 12esima città italiana in questa triste classifica, che vede al comando Monserrato (in provincia di Cagliari), seguita da Gravina di Catania e Carbonia. In Puglia è la prima, e solo Modugno e San Severo le si avvicinano, con 1 e 2 punti percentuali in meno.
Se si prende la classifica in valori assoluti, viene meno il primato, ma non la sostanza. Molfetta è 18esima in questa classifica, con 1450 persone che hanno lasciato la città. Napoli è la peggiore, con 6501 unità andate via, seguita da Messina (3904) e Taranto (3634). Spicca anche la performance di Bari (-2971), Foggia (-2599) e Brindisi (-1584). Quinta in Puglia, quindi, di poco superiore ad Andria (1414). Anche se risalta che a precederla siano solo province. Tra i Comuni non capoluogo, infatti, non c’è storia.
Tra le peggiori performance italiane in valori percentuali, male anche in valori assoluti. Non c’è da sorridere, insomma. E poco rinfranca che la situazione sia assai generalizzata nel sud e nella Puglia. E altrettanto poco rasserena che il problema abbia portata nazionale, non semplicemente locale. Mancano investimenti per i giovani, scarseggiano le chance. Scema la fiducia che la propria terra sia foriera di sogni e progetti. Meglio lasciarla, e spiccare il volo altrove.
Per crescere occorrono investimenti, cioè persone fisiche o giuridiche che tirano fuori i loro soldi in prospettiva di reddito. Ora,in un territorio come il nostro meridione cioè decentrato rispetto ai principali mercati, (non) dotato di infrastrutture comunque fatiscenti; oppresso e strozzato da solide mafie e camorre, senza una politica fiscale di rilancio, (non) assistito da un sistema creditizio degno di tale nome e, dulcis in fundo, rappresentato da una classe politica (democraticamente eletta!) che cura ben altri interessi, credo non ci siano i presupposti per raccogliere capitali.Dalle nostre parti perfino i Comuni e Provincie sono in bancarotta o infiltrati, per non parlare di ASL, ospedali ecc. Il fatto che esista qualche isola felice, infine, dimostra che tutto il resto è oceano.