Focus sulla povertà e sulla sicurezza, con tanti sassolini tolti qua e là. Ma anche notizie di tenore diverso, politico, lanciate all’indirizzo di Isa De Bari e Tommaso Minervini, così come di Gianni Porta. Bepi Maralfa, candidato sindaco di Area Pubblica, non le ha mandate a dire ai suoi avversari elettorali, e nell’attesa conferenza stampa di ieri in palazzo Turtur, proprio dalla politica è partito.
“A fronte delle voci ricorrenti per cui saremmo intenzionati a sottoscrivere accordi con altri partiti – ha esordito – per fugare ogni dubbio e per questioni di trasparenza, comunico ai cittadini che Area Pubblica non stringerà patti di alleanza politica con nessuna delle altre forze. Questo non per disprezzo e sdegno verso gli altri valenti candidati sindaci ma per scelta politica ben precisa”.
Un messaggio diretto, un esordio in tackle, prima di entrare nel tema della serata.
“Quando a giugno 2013 – dice Maralfa – mi vennero affidate le funzioni di vicesindaco e le deleghe assessorili, mi trovai di fronte a una situazione anomala. C’era stato il commissario straordinario Barbato, preso d’assalto dalla platea dei servizi sociali. Aveva chiuso i rubinetti dell’acqua perché si era accorto di un sistema clientelare con cui si elargivano contributi senza criteri di uguaglianza, ma discrezionalmente”.
A ottobre 2013, con l’obiettivo di usare le norme migliori del regolamento di Barbato, ma d’altro canto di superarlo, fu emesso un provvedimento “Linee politiche sociali per fronteggiare le emergenze abitative”. Maralfa lo rivendica. “Portai in Giunta – prosegue – un provvedimento (che fu approvato) con il quale disponemmo che il Comune stipulasse direttamente con i proprietari delle case i contratti di locazione degli immobili occupati dagli indigenti, in modo da garantire a questi ultimi una maggiore stabilità abitativa, e ai proprietari la sicurezza di essere pagati. Ogni caso di sfratto doveva essere rigorosamente provato perché c’era il sospetto dell’approfittamento da parte di alcuni nuclei familiari gestiti dai servizi sociali che pretendevano il pagamento del canone comunale senza dimostrare che il rischio di uno sfratto fosse concreto”.
Il risultato? Secondo Maralfa arrivarono benefici per tutte le parti coinvolte (Comune, proprietari, affittuari indigenti) determinando un utilizzo del denaro pubblico più corretto. “Furono assistiti anche nuovi nuclei familiari – prima del tutto sconosciuti ai servizi sociali – sino a determinarsi una situazione di uguaglianza sociale e di equilibrio amministrativo. Rispetto a questo provvedimento, però, la parte politica allargata trovava obiezioni, senza tuttavia esplicitare motivi plausibili, e proprio Rifondazione comunista mosse varie contestazioni di questo provvedimento, razionale ed equilibrato sul piano politico, oltre che necessario, urgente ed inoppugnabile sotto il profilo tecnico”.
Rifondazione Comunista torna in ballo ai mesi scorsi di tavoli e trattative del centrosinistra. Viene criticata l’impostazione della sinistra molfettese di non voler porre le basi per una coalizione che puntasse su temi e programmi, prima che sulle persone. Ed è questo il motivo, spiega il leader di Area Pubblica, per cui un accordo non è stato trovato.
Subito dopo si passa a esaminare la questione dei contributi assegnati a pioggia. E qui nacquero i cantieri di servizio. “Rendemmo noto alla città – prosegue Maralfa – che il Comune non aiuta i prepotenti ma chi ha bisogno, in egual misura. Il risultato del provvedimento? Il numero degli indigenti arrivò a 330 persone, contro i 535 iniziali. Questo produsse un notevole risparmio di spesa”.
La disamina del tema povertà passa il testimone alla questione sicurezza, partendo dalla premessa che “sicurezza” vuol dire anche smentire il luogo comune che Molfetta è città insicura. Negli anni di amministrazione, dice ancora Maralfa, Molfetta era la penultima in classifica per dati sulla delittuosità. Ma la domanda è lecita: come limitare anche semplicemente la percezione di insicurezza?
Maralfa passa in rassegna ciò che è stato fatto sul tema sicurezza: dalle pattuglie in borghese due volte a settimana. “Poco prima delle dimissioni di Paola – dice ancora Maralfa – riuscimmo a ottenere due risultati: la ricognizione dei beni confiscati alla criminalità e l’allocazione di un comando di pubblica sicurezza. Per quest’ultimo fu individuato un immobile in piazza Catecombe e il 30 aprile destinammo al comando generale dei carabinieri quell’immobile per fare sede distaccata della polizia di frontiera”.La delibera, denuncia però Maralfa, è stata ignorata dal commissario straordinario Mauro Passerotti.
E allora, stante l’infondatezza del collegamento criminalità-Molfetta, come contrastare la percezione di insicurezza? Servirebbe più transito delle pattuglie, è il parere di Maralfa, un’attività più capillare e decisa degli agenti di polizia locale. Serve più rispetto dell’ambiente, quindi la capacità di assicurare una viabilità migliore e una bellezza cittadina superiore.Serve una sicurezza a 360 gradi, insomma. E fatti, tanti fatti.
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