Riceviamo e pubblichiamo la nota di Azione Cattolica, con cui si torna alla querelle sull’azione politica, che a Molfetta era stata caratterizzata da un precedente comunicato di analisi del voto, e dalla replica dell’ex candidato sindaco di centrodestra Isabella De Bari.
“Questa nota non vuol esserennecessariamente una risposta a quanti, nelle tre città della diocesininteressate alle amministrative, si sono sentiti interrogati e provocati dall’analisindel voto e dalle conseguenti riflessioni da noi elaborate. Piuttosto è per noinoccasione per far chiarezza e ribadire alcuni punti a nostro avvisonfondamentali.
L’Azione Cattolica in questantornata elettorale è stata accusata di stare troppo “dentro” le questioninpolitiche invece che occuparsi di “cose di chiesa” o al contrario, dindisinteressarsi della politica, non sollecitando i suoi aderenti a scendere inncampo.
Evidentemente sono entrambenfalsità, che scaturiscono innanzitutto dalla non conoscenza della storia endell’identità della nostra associazione. L’Azione Cattolica è un’associazionenche ha come obiettivo la formazione laicale delle coscienze. Tale formazione,nproprio perché è crescita nella fede in tutti gli ambiti dell’esistenza, è necessariamentenanche politica e civile, ed è vissuta soprattutto nell’ordinarietà dei nostrincammini formativi.
Non proviamo neanche a elencareniniziative, percorsi, campagne, progetti messi in campo da diversi anni pernfavorire l’impegno a una cittadinanza attiva, la sensibilità a temi sociali, lanmaturazione di un sempre più alto senso della legalità. Sarebbe un elenco moltonlungo e articolato. A essere onesti, e senza timor di smentita, riteniamo chenabbia fatto più formazione al bene comune l’Azione Cattolica di questa diocesi,nche partiti, movimenti civici e gruppi politici di destra-centro-sinistra messininsieme.
Relativamente allo specificondell’appuntamento elettorale, solo i disinformati non sanno che molti aderentindell’Azione Cattolica si sono messi in lista a Molfetta, Giovinazzo e Terlizzinquest’anno (e a Ruvo l’anno scorso), in liste diversissime tra loro, dunque nonn“intruppati”, ma liberi di collocarsi ed esprimere il proprio impegno.
A tutti gli aderenti giovani ednadulti, nell’auspicio che molti di loro scegliessero di mettersi in gioco anservizio della propria città, a febbraio è stata recapitata una lettera in cuinsi incoraggiava a un impegno serio, “frutto di un’operazione dindiscernimento consapevole e cosciente, così da mettersi responsabilmente alnservizio della collettività, senza incorrere nel rischio di possibilinstrumentalizzazioni, né in quello di fare da comparsa per “riempire” una listanelettorale”, sottolineando che “anche qualora i risultati personali nonnfossero quelli sperati, vogliamo credere che la disponibilità, l’interesse enl’impegno in ambito politico di quanti di voi si candideranno, proseguano,nperché il lavoro per la crescita della città possa continuare,nindipendentemente dalla chiusura della stagione elettorale”.
Resta il fatto che a Ruvonl’anno scorso, a Giovinazzo e a Terlizzi quest’anno, vi sono consiglierincomunali provenienti dal mondo dell’AC (addirittura tra i più suffragati).nSignifica che il lavoro di formazione integrale della persona svoltondall’Associazione funziona e dà frutto.
Una considerazione diversa enpiù articolata merita l’articolo apparso su un giornale online in cui sinriflette in modo serio e attento sui toni pesanti e lo stile litigioso e spessoncattivo che ha caratterizzato il confronto tra candidati cattolici, soprattuttona Giovinazzo.
Nella lettera di cui sopranavevamo sottolineato lo stile che dovrebbe caratterizzare un aderente dell’ACnche desidera impegnarsi in politica, con queste parole: Auguriamo intanto dinvivere questo servizio alla città come la più alta forma di carità. In questa direzionenrichiamiamo alla rilettura dei nostri Codici Etici per candidati, in cuinribadiamo alcuni imprescindibili comportamenti e modalità per vivere degnamentenlo spirito della competizione politica e il tempo della campagna elettorale.nInvitiamo ad avere come punto di riferimento un cattolico aderente all’Ac dinspessore come Vittorio Bachelet, che concepiva la politica “ corresponsabilencostruzione della città, in cui ognuno deve portare il contributo delle suencapacità in vista della costruzione di quel bene comune che rappresenta il finenrelativamente ultimo della politica.” … Seppure in tanti nelle comunitànparrocchiali sceglieranno di mettersi in gioco in questa tornata elettorale,ninvitiamo tutti ad un clima di sereno confronto e ci auguriamo che lancompetizione non sia motivo di incomprensioni e di lacerazioni all’internondella comunità.
È palese che così non è stato:nnon solo il confronto è degenerato sul piano di insulti, accuse, denigrazioninalle persone, quanto la nostra stessa associazione è stata oggetto di commenti,nrichiami, rimbrotti, proclami, distinguo tra buoni e cattivi. Insomma unandelusione, cui si aggiunge l’amarezza di constatare come è difficile anche pernchi vuol fare politica, argomentare nel merito del proprio operato o dei proprinprogrammi, senza deragliare o collezionare le pagliuzze nell’occhiondell’avversario e non accorgersi della trave nel proprio.
Ma al contrario di quanto, conntanta faciloneria, è stato fatto nei confronti dell’AC, noi non vogliamongiudicare né accusare. Ci rendiamo conto di quanta umanità, fragilità, entranonin gioco in questi frangenti e di come spesso il carrozzone messo in moto innuna campagna elettorale travolga le individualità, ma anche i pensieri, lenidentità, alterando persino la percezione della realtà, del senso del limite endel rispetto per l’altro in quanto persona.
Negli anni Novanta a noingiovani cattolici veniva spiegato il concetto di amicizia civica, comenforma di reciproca stima e “simpatia”, che, nella pluralità degli orientamentine delle scelte politiche, avrebbe dovuto caratterizzare i rapporti trancattolici e consentire loro un riconoscimento reciproco di valore e dinpossibilità interlocutorie, dato da una comune radice più che proclamata,ntestimoniata negli atteggiamenti, nello stile, nell’equilibrio dei toni. Forsendobbiamo ricominciare a riparlarne, nella nostra Chiesa locale, di amiciziancivica, rieducare a un concetto che non è più così scontato.
Ci sia concesso soltantonmettere in evidenza come sia strategicamente semplice, in vari contesti,nsottolineare le incongruenze tra “il dire” e “il fare” dei cattolici. È unanspina nel fianco, spesso sanguinante, che portiamo con noi nella nostra vita,nnella consapevolezza che il percorso da compiere per eliminare questa discrasianè ancora lungo e faticoso.
Probabilmente i toni sonondegenerati anche grazie a un uso assolutamente scomposto e terribilmentendannoso dei social, dove tutti sentono il dovere di esprimere liberamente ilnprimo pensiero o sensazione o giudizio o sentito dire che la pancia suggerisce,nsenza pesare, ponderare, verificare e, ciò che è più terribile, senzanconoscere.
Alla giostra del tiro al rialzonhanno partecipato candidati lasciati volutamente a briglie sciolte a giocarencol fango e a sparare castronerie e cittadini, molti cattolici e alcuni nostrinaderenti, che invece di contare fino a dieci, sono intervenuti nel dibattitonspesso parlando del nulla o di ciò che non conoscevano affatto, con unnpressappochismo impressionante, anche nei confronti dell’associazione, quandonla delicatezza del momento imponeva a tutti un passo indietro e un tempo spesonmeglio, magari a capire, informarsi, approfondire in vista dell’appuntamentonalle urne. Anche su questo, sulla guida intelligente di macchine tritatutto,ncosì veloci e potenti come i social, occorrerà tornare a formare”.