Calcio

La storia di Fabrizio D’Elia: il giramondo dello sport che sogna ancora

Angelo Ciocia
Fabrizio D'Elia
Dagli esordi nella pallavolo al grande risultato da preparatore fisico della rappresentativa calcistica della Sardegna
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“Sediamoci lì di fronte al mare”. Molfetta nel cuore, la Sardegna per una scelta di vita professionale, lo sport che scorre nelle vene e nelle arterie. Fabrizio D’Elia nasce, studia, si forma e vive a Molfetta fino a 18 anni, poi inizia a fare il giramondo con un pallino in testa: lo sport.

E pure a Molfetta gioca nella Pallavolo Molfetta degli anni 80 degli storici Enzo Corrieri, Domenico Carbonara, Franco de Florio e compagnia, arriva fino alla B1. “La Pallavolo Molfetta – commenta – la seguo ancora oggi. Mi sono trovato a Molfetta per l’ultima gara contro Monza e l’ho vista dal vivo. Molfetta ha tanta cultura pallavolistica; una squadra che per decenni ha fatto campionati nazionali significa che sa lavorare bene”.

A 18 anni la prima valigia; si parte per l’ISEF a Perugia, che termina nel 1990. “All’inizio è tutto devastante. Ti manca la città, gli amici, la famiglia, ma poi devi essere più forte di tutto e scopri che quello che insegnano i tuoi genitori è il tuo biglietto da vista per le esperienze future”.

Torna a Molfetta e ritorna a vestire i colori biancorossi della Pallavolo Molfetta, poi la chiamata che ti aspetti e non ti aspetti. Il telefono squilla, il cuore batte forte, la domanda di insegnamento, fatta per gioco subito dopo l’ISEF, diventa realtà. Dove si parte? Dove si va? Quando si va?

Destinazione Macomer. Motivazione: supplenza. E allora nuova valigia, nuovi saluti. Questa volta saranno i saluti definitivi perché Fabrizio D’Elia inizia a insegnare, fa prima il precario, poi il docente di ruolo, continua la sua passione nello sport e gioca a pallavolo a Macomer, Bolottana e Tortolì, tra Serie D e C2. Intanto Fabrizio da ragazzino voglioso ed esploratore diventa sempre più grande. Mette su famiglia in Sardegna e ha due bambini “anche loro innamorati dello sport”, esclama subito orgoglioso papà Fabrizio.

Poi l’escalation nel mondo del calcio. Un mondo che Fabrizio vedeva in televisione e praticava per le strade di Molfetta. Stabilitosi in Sardegna, ha l’incarico di seguire la preparazione atletica di numerose squadre in Prima Categoria, fin quando non trova mister Fiorenzo Pilia che dà piena fiducia. Nel 1999-2000 squilla il telefono e Fabrizio si ritrova con l’incarico della preparazione fisica degli arbitri di calcio che disputano le serie nazionali nella zona Nuoro – Oristano. Partecipa a raduni di Serie A e Serie B e conosce i concittadini Stefano e Gianni Ayroldi e abbraccia Rosario Carlucci, suo amico dai tempi delle scuole elementari.

Calangianus, Arzachena, Lanusei, Tortolì sono le altre destinazioni nel mondo del calcio e della preparazione fisica degli atleti. Ancora un cellulare che squilla, ancora un incarico: nel gennaio 2017 il commissario tecnico delle rappresentative sarde di calcio chiama Fabrizio per assegnare il compito della preparazione fisica di juniores, allievi e giovanissimi. Nuova valigia, si parte per Levico, tra le montagne del Trentino. La Sardegna stupisce tutti e si piazza tra le prime 8; la Puglia, a sorpresa, delude e non si qualifica nemmeno ai quarti di finale.

“Con i ragazzini – prosegue – incidi molto di più perché se trovi un ragazzo che vuole fare calcio seriamente, lo vedi disposto al lavoro, al sacrificio. Con l’adulto cambia il linguaggio, cambiano i codici di come si comunica. Fai fatica con entrambi, ma porti risultati. Non ho preferenze, ad oggi affermo che sia i grandi che i ragazzi mi hanno dato soddisfazioni”.

Soddisfazioni che forse latitano se si parla di Molfetta e di calcio molfettese. “Del calcio molfettese seguo il mio amico Nicola Ragno, a cui auguro di andare in Lega Pro, seguo Vito Grieco oggi allenatore della Pro Vercelli Primavera con cui condivido le passioni e tradizioni molfettesi e la passione per il calcio. Grazie ai giornali seguo le sorti delle squadre molfettese, in particolare le sorti dei miei amici Franco e Nico Mininni, che hanno dato un’impronta di calcio e amicizia positiva in città, nonostante la retrocessione. Amo Molfetta più dei molfettesi che possono vederla e toccarla ogni giorno. La vedo cambiata nel settore terziario, la vedo profondamente rinnovata. A volte mi giro e non riesco a capire dove sono. Noto, mio malgrado, che è una città sporca, sono stato qui a Molfetta per le feste pasquali e ho visto gente gettare carte dai finestrini. Danno la colpa alla politica, ma vedo che manca buon senso civico, di partecipazione e collaborazione”.

Squilla il telefono. Ancora una volta. Sono i figli di Fabrizio che chiamano. La valigia è pronta nuovamente, destinazione Tortolì. “Sogno nel cassetto? Mettermi alla prova in una squadra di Serie A o Serie B. Ho fatto tanta gavetta, ho fatto molte esperienze. Se dovesse capitare, sarei disposto ad una follia. Saluto Molfetta, questa città che consideravo l’ombelico del mondo da piccolo, ma ha scoperto nuove realtà che sono state fonte di crescita umana e professionale. Rifarei tutto di nuovo. Con Molfetta nel cuore”.

Squillo di telefono, valigia, sport. Un trinomio che ha raggiunto l’apice in partenza. Un trinomio nato e cresciuto a Molfetta.

venerdì 21 Aprile 2017

(modifica il 30 Luglio 2022, 4:22)

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