Doppio passo, sinistro al fulmicotone, visione di gioco, gusto per la giocata. Segni particolari di Sergio Amato, campione del mondo. Sì, propri così. In cima al mondo con la maglia della Nazionale italiana. Sergio, 24enne che studia per diventare parrucchiere, si è imposto nella Dream World Cup, campionato mondiale per persone con problemi di salute mentale. Una cavalcata trionfale, quella degli azzurri, che hanno fatto incetta di gol e man bassa di avversari. Una vittoria contro i pregiudizi, certo. Ma per chi è nato e cresciuto a pane e pallone, non esiste pregiudizio in un campo da calcio. Questione di emozioni e di cuore. Ovviamente di talento. E Sergio, selezionato durante il torneo della fondazione Carlovalente, dà del tu al pallone. Le difficoltà e i problemi fino a un certo punto possono fargli paura. Basta un dribbling per superarle.
Sergio, cosa ha rappresentato vestire la maglia della tua Nazionale?
È stata un’emozione grandissima. Era il mio sogno, è il sogno di tutti. Ed è stato così emozionante che al gol contro il Perù l’ho sollevata. Un po’ come faceva Ravanelli.
Come è andato il Mondiale per te?
Benone. Ho fatto cinque gol, ho giocato come laterale sinistro. Una volta sono anche andato a segno con uno schema provato in allenamento. Mi piace far gol. Se non segno… rosico (ride, ndr)
Qual è il complimento che più ti porti dentro di questa rassegna?
Mihajlovic mi ha paragonato a Ricardinho e la cosa mi onora. Me l’ha riferito Francesco Trento, uno degli organizzatori.
Invece il momento che ti porterai sempre nel cuore?
L’inno nazionale senza dubbio. L’ho cantato, mi sono emozionato. Una cosa incredibile.
Tu sei un talento purissimo anche nel calcio a undici. Che ruolo ricopri?
Sono centrocampista centrale, mancino. Mi piace Higuain, come caratteristiche, anche se non ha il mio ruolo.
L’allenatore è sempre importante per i successi di una squadra. Com’era il vostro?
Zanchini è stato bravissimo. Ha saputo gestire tutti gli uomini, facendoci sentire importanti dal primo all’ultimo. Davvero un maestro.
Ti aspettavi alla vigilia di diventare campione del mondo?
Non me l’aspettavo onestamente. Temevo il Giappone e l’Ungheria, due squadre forti anche tecnicamente. Invece le abbiamo vinte tutte. Due volte contro Cile e Perù, poi contro Ucraina e Ungheria.
Quale messaggio lanci alla gente che legge questa intervista e a chi vive situazioni di difficoltà?
Do un messaggio a tutti quelli che hanno avuto problemi. Dopo una caduta c’è sempre una risalita.