Game over. Il 16 luglio 2018 sarà ricordata come la data della fine del Bari. Niente aumento di capitale, niente iscrizione al campionato. Solo silenzi, ritardi, bugie. E un nome, in primo piano, che avvicina in modo automatico Bari a Molfetta: Cosmo Antonio Giancaspro.
L’imprenditore molfettese, operante nel settore delle energie alternative, dell’edilizia e della consulenza, è stato per due anni presidente del Bari. È quello che non è riuscito a salvarla, che non ha pagato i contributi Inps e le ritenute Irpef di marzo, aprile e maggio, che ha pagato in ritardo quelle di gennaio e febbraio. Che ha accumulato decreti ingiuntivi e chiuso la porta all’ingresso di nuovi soci e nuovo capitale.
Certo, ieri l’incredibile è stato a un passo dal succedere, con la cordata composta da Ferdinando Napoli e Andrea Radrizzani a un passo dall’acquisizione del 70% di quote. Poi l’analisi della documentazione, quel “rosso” che ha impressionato, così come la fumosità e pericolosità delle prospettive.
Così la pietra tombale sul Bari è stata messa, due anni dopo che Giancaspro ha preso le redini del Bari. Fu sempre aumento di capitale e quella volta l’imprenditore molfettese soffió il club a Paparesta. Oggi saluta il Bari e i tifosi in tutt’altro modo: contestato, con la figlia scortata dalla polizia all’esterno del San Nicola. Senza società e il punto nero del fallimento di una storia centenaria che finisce senza gloria.
Chissà che a restituire un po’ di fiducia non possa essere ora Nicola Canonico, presidente del Bisceglie che ha cambiato la denominazione del club in As Bari 2018. Un modo per ricominciare dalla C, tra le contestazioni dei biscegliesi e lo scetticismo dei baresi. Anche qui c’è un po’ di Molfetta, perché Canonico, tra le varie tappe prima dell’approdo a Bisceglie, è stato proprio da noi. Un anno, quel 2009, che non ha lasciato il segno.
Altri tempi. Oggi si parla di Bari e di Giancaspro, di fallimenti e inchieste delle procure, di indagini e aumenti di capitale non completati. Della fine di una storia