Non si parla d’altro, ormai, da circa 24 ore.
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DDI, Didattica digitale integrata. È questo l’acronimo che sta letteralmente impazzando sui social, sollevando polveroni di opinioni dai più svariati fronti.
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Non è mancato, infatti, lo scetticismo rispetto alla decisione del presidente Emiliano di attivare la modalità di didattica da remoto fino al 5 marzo. E, a complicare ulteriormente le cose, questa volta, c’è anche la divisione tra studenti che seguiranno da casa e studenti che, invece, potranno presenziare in classe insieme ai docenti.
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Una situazione decisamente fumosa, anche per gli “addetti ai lavori”, gli insegnanti. Una categoria, quest’ultima, che è stata costretta nell’ultimo anno ad un’infinità di adattamenti per riuscire ad essere al passo con le variazioni degli infiniti decreti.
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“Non sappiamo ancora nulla su come andrà domani – afferma un’insegnante della scuola dell’infanzia – Stiamo aspettando disposizioni certe. Nonostante con i bambini piccoli sia più difficile riuscire a far lezione online, loro rispondono abbastanza bene ai cambiamenti. Non mancano sicuramente i problemi, ma i disagi si creano anche per i genitori che lavorano e devono capire come gestire la cosa”.
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Stessa situazione anche per le scuole di ordine superiore.
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“La Didattica digitale non è didattica. È solo un palliativo – afferma perentoriamente una docente di scuola elementare – Viene meno l’azione educativa che, invece, è un fatto emozionale ed avviene attraverso il contatto diretto. Noto una differenza su come recepiscono i concetti i ragazzi in presenza, rispetto a quelli da casa: ogni tanto sorridono, ma non sono coinvolti”.
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Non c’è dubbio, dunque, che la DDI risulti problematica tanto per gli alunni, quanto per gli insegnanti, costretti a fare i conti con modalità di insegnamento quasi alienanti. Se a questo si aggiunge anche il fatto di non essere minimamente interpellati o tenuti in considerazione, in quanto docenti, quando si parla di scuola, l’insofferenza diventa tanta.
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“Di fatto, ci troviamo a dover gestire contemporaneamente due gruppi classe diversi – prosegue – Capita che ci siano bambini che ti chiamano dal computer perché non hanno compreso una consegna e, in quello stesso istante, tu sei impegnata ad aiutare un bambino in presenza e devi dividerti tra l’uno e l’altro. Come si può? Viene meno la qualità dell’insegnamento”.
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La frustrazione di una categoria troppo spesso bistrattata sta emergendo accanto alla rabbia delle famiglie. Ma se i genitori avranno libertà di scegliere se mandare i propri figli in presenza o optare per la modalità da remoto, ai docenti quando spetterà di avere voce in capitolo?
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