Fede e tradizione

Le marce funebri, musiche di Passione

Adriano Failli
Il concerto di marce funebri nella chiesetta di San Pietro
A un mese dal giorno di Pasqua inizia a farsi sentire l'emozione per uno dei momenti più suggestivi di Molfetta
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Il suono secco della tromba, preceduto dalla melodia orientaleggiante del flauto e accompagnato dal rullo del tamburo e dai colpi cadenzati della grancassa, rappresentano i segnali dell’inizio di un periodo particolare per il molfettese: la Quaresima.

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E oggi che manca esattamente un mese alla domenica di Pasqua, parlare di questo aspetto speciale della Settimana Santa molfettese diventa quasi naturale.
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nSono le note della Bassa Banda, che aprono le processioni pasquali, con il Lamento di Maria, per tutti il Titè, nome che richiama il suono prolungato della tromba, a ricordare l’urlo della madre di Cristo alla scomparsa del figlio.
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nE’ una melodia di origine ignota quella del Titè, che compone, assieme alle marce funebri, la colonna sonora della Pasqua molfettese.
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nE’ infatti la musica a creare un legame indissolubile con la tradizione quaresimale, lo stesso legame che in passato ha richiamato l’illustre clinico Sergio Pansini ed oggi fa lo stesso con Riccardo Muti, spesso di ritorno nella città che lo ha allevato, proprio nel periodo pasquale.
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nRossini e Verdi sono, senza dubbio, i compositori più famosi che possiamo ritrovare nel repertorio di marce funebri che oggi accompagnano le nostre processioni pasquali. I due rispettivamente sono autori dello “Stabat Mater”, iconica marcia che accompagna la ritirata dell’Addolorata e della Pietà, e di “Simon Boccannegra”, in una riduzione, dall’opera verdiana, del maestro molfettese Francesco Peruzzi.
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nChiaro anche come la tradizione musicale locale abbia ampio spazio, ritrovando in Vincenzo Valente il “padre” della musica popolare molfettese. Il compositore, vissuto nella seconda metà dell’800, è infatti autore di alcune delle più iconiche marce: pensiamo a “Lo Sventurato”, che accompagna l’uscita dell’Addolorata, o a “U Varcheceddàre” (Il Pescatore), o al “Conzasiegge”, suonato all’uscita del Cristo Morto.
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nCuriosi sono i nomi che Valente ha attribuito alle proprie composizioni: se infatti  il primo è una descrizione della sua condizione di miseria e viene spesso erroneamente chiamato al femminile attribuendo la sventura all’Addolorata, il Pescatore è così chiamato per omaggiare l’attività marittima molfettese, che lui viveva in prima persona, abitando per un periodo nei pressi della banchina San Domenico.

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Ancora più curioso è il caso del Conzasiegge, chiamato inizialmente “Pianto Antico”, ma dedicato in un secondo momento ad un impagliatore di sedie (in vernacolo, appunto, u conzasiegge), che offrendo più volte la sua attività urlando per le strade del centro antico, ispirò il maestro che non riusciva a trovare una conclusione degna alla propria composizione.
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nLe marce si presentano con ritmi diversi, da quelle più solenni, a quelle più ritmate, variando dunque per stile, oltre che per compositori differenti e ciò muta anche il ritmo della processione, con i portatori che spesso adattano il passo e l’andamento a quello della marcia funebre.

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Non è infatti raro, soprattutto quando le coppie di portatori sono più esperte, riconoscere un andamento diverso della statua sulle note del “Gatti”, nel suo tema andante e quasi estenuante, rispetto a marce ben più solenni come il “Palmieri”, perfetto per l’incedere lento dei portatori alla ritirata dei Misteri il Venerdì Santo.
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nUn articolo apparso nell’87 su Repubblica definiva le nostre processioni delle vere e proprie rappresentazioni, impensabile dunque una rappresentazione senza la propria colonna sonora a caratterizzarne ogni attimo.

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Per questo, per i mille aneddoti che sono dietro ogni melodia, per la familiarità con cui ogni anno il molfettese si reca ai concerti bandistici, le marce funebri rappresentano un frammento fondamentale e indissolubile della Pasqua a Molfetta, a cui nessun cittadino ha voglia di rinunciare.

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giovedì 16 Marzo 2017

(modifica il 30 Luglio 2022, 5:38)

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