Attualità

Il “circolo” di ieri e il “locale” di oggi: generazioni a confronto

Angelo Ciocia
Gli attuali locali dei ragazzi a Molfetta
Quattro mura, un tetto, la ricerca del caldo per l'imminente inverno. Lo puoi chiamare circolo. Lo puoi chiamare locale. Rimane sempre l'antidoto molfettese del post "fiera" durante tutto l'inverno
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C’era una volta il circolo. Che poi è diventato il famoso, e contemporaneo, locale.

“I circoli erano aggregazioni di persone che si univano, amici e amici degli amici. Innanzitutto ai circoli si dava un nome, i miei circoli si chiamavano Mercury e Scatola Aperta -ci spiega Michele, che prosegue – Ci si ritrovava tutti insieme, ogni giorno. Giocavamo a ping pong, organizzavamo feste, l’importante era stare li tutti i giorni”.

Poi il momento amarcord. “Ai miei tempi le discoteche non esistevano e se esistevano erano davvero poche, motivo per cui i circoli diventavano le nostre discoteche. Esisteva una specie di iscrizione ai circoli e quando si organizzavano le feste si estendeva l’invito anche a chi non faceva parte del circolo. Non era facile la convivenza; si trattava di gruppi molto eterogenei, praticamente una somma di più comitive per risparmiare e, a volte, capitavano anche discussioni tra i vari “sottogruppi” del circolo”, le parole di Michele.

“Difficilmente trascorrevo tempo in un circolo, nonostante fossi sempre iscritta ad un circolo – le parole di Cecilia, che ci spiega l’inverno della sua adolescenza – Preferivo le serate in oratorio, ma un circolo era quasi prassi ai mei tempi. Io lo utilizzavo maggiormente per studiare con le mie compagne di classe e lo frequentavo quando si organizzavano le cosiddette feste da ballo, momenti in cui si invitavano altri circoli nel proprio circolo e questa era anche un modo per conoscersi tutti”.

Non esisteva WhatsApp, non esistevano le discoteche. Ma si sopravviveva e comunque ci si divertiva. Ci si riuniva e si stringevano rapporti che durano anche oggi. Quell’oggi che invece vede ragazzi rintanarsi nei locali invernali, ma nemmeno tutti.

Tanti, troppi impegni hanno tolto il “priscio” pure di prendere il locale, di divertirsi insieme. Il cellulare ha sostituito il citofono e la voce umana, per cui ritrovarsi e dirsi un fatto è diventato secondario, se applicazioni per i messaggi consentono tutto ciò, anche in maniera più veloce.

Però c’è qualche temerario che difende i locali. C’è qualche ragazzo, esiste qualche comitiva che alza la saracinesca il pomeriggio e l’abbassa la sera.

“Io e i miei amici abbiamo un locale perché in inverno, con le basse temperature e, visto che non sta nulla da fare in giro in città, il locale diventa un punto di incontro – Sono le parole di Arianna e Raffaele, due amici che condividono lo stesso locale, che continuano – Molti ragazzo ogni giorno escono, vanno al bar, al cinema, ma noi essendo piuttosto piccoli, e non disponendo di grandi quantità di soldi, preferiamo pagare una volta al mese e garantirci un posto per l’inverno”.

“Al locale giochiamo a carte, mentre noi maschi ci dedichiamo ai videogiochi e alla playstation”, le parole di Raffaele.

“Se la città mettesse a disposizione spazi e attività accessibili per noi ragazzi, sarei disposta a non andare al locale”, chiude Arianna.

Il passato e il presente. Così lontani, così vicini.

Quattro mura, un tetto, la ricerca del caldo per l’imminente inverno. Lo puoi chiamare circolo. Lo puoi chiamare locale. Rimane sempre l’antidoto molfettese del post “fiera” durante tutto l’inverno.

sabato 13 Ottobre 2018

(modifica il 29 Luglio 2022, 9:26)

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