Partire per poi tornare. E’ questo ciò che ci muove dal Mezzogiorno al Settentrione. Ma non tutti avevano fatto i conti con un soggiorno settentrionale più lungo del previsto, causa coronavirus.
E accanto ai tanti meridionali che hanno letteralmente preso d’assalto treni e mezzi di trasporto le famosi notti dell’8 marzo e del 15 marzo, ci sono tantissimi ragazzi e famiglie che hanno preferito seguire alla lettera le indicazioni governative e restare al Nord.
“Non sono sceso perchè dopo il primo caso di Codogno, abbiamo lavorato in smart working – esordisce così Giovanni Facchini, giovane molfettese che dopo un master al Sole 24 Ore in Food Management, oggi lavora a Milano in un’agenzia di comunicazione e marketing dove segue soprattutto clienti nel settore food – La situazione ben presto si è aggravata e ho deciso di restare a Milano, assieme ad un mio amico, perchè mi è sembrata la scelta più saggia e responsabile per salvaguardare la mia famiglia. Inizialmente non era chiara la situazione, ho preferito evitare spostamenti perchè non era ben chiara a tutti l’entità del problema”.
Quel problema che è diventato pandemia, risultando una matassa difficile da sbrogliare. E Milano, luogo dove Giovanni Facchini vive e lavora, ha avvertito, non poco, il coronavirus. “La situazione a Milano è stata davvero pesante. Io l’ho percepita relativamente, ho osservato la quarantena in modo rigoroso uscendo solo per fare la spesa – ha detto – Qui a Milano però vedevi davvero tutto chiuso e decine di metri di code ai supermercati. Una situazione pesante da vivere che ti dava uno stato d’agitazione maggiore quando ascoltavi che il numero dei contagi e dei decessi saliva”.
Una situazione pesante che da circa venti giorni si è alleggerita notevolmente. Tanto che oggi riaprono i confini. Nonostante questo provvedimento abbia diviso la popolazione tra i favorevoli e i contrari. Così, accanto alla Puglia che ha toccato ieri, con un solo caso, il suo minimo storico, anche la Lombardia, regione più colpita, torna a respirare.
E tornano a respirare anche i fratelli molfettesi che presto si ricongiungeranno con i propri affetti.
“Con la riapertura dei confini tornerò a casa, nel prossimo weekend, in macchina, e resterò qualche settimana – le parole di Giovanni – Senza lanciarmi in particolari interpretazioni, una volta venuta meno la gravità sanitaria dei mesi scorsi e vedendo le altre nazioni che hanno aperto i confini regionali senza aver eccessivi problemi, ci sta questo provvedimento. Sono d’accordo con questa riapertura: può sembrare una banalità, ma bisogna tenere conto, certamente, della difficile situazione sanitaria, ma anche della crisi economica che ne è derivata. Entrambi sono divenuti due lati della stessa medaglia”.
E quel senso di protezione di Giovanni verso la famiglia adesso si scioglierà nel più bello dei count-down. Ancora qualche giorno e Giovanni respirerà la salsedine di Molfetta, l’odore del suo mare. Ma con precauzione, come giustamente tende a sottolineare. “Solo con le dovute misure di sicurezze preventive, il paese può riprendere la sua vita apparentemente normale”, chiude Giovanni Facchini.
Il 3 giugno tanto atteso è arrivato. Si aprono i confini: per aprire le braccia, per un lungo abbraccio, è solo questione di ore.
Non “singolare” ma intelligente, rispettosa e civile è stata la scelta di Giovanni Facchini (e degli altri come lui).
Le regole/leggi si seguono/rispettano, non esiste “alla lettera”, non è a piacere!