Attualità

Positivi e dimenticati: “Noi, da un mese in casa e senza assistenza”

Angelo Ciocia
La solitudine durante il Coronavirus. La storia di una famiglia molfettese
"Capiterà che non avremo più cibo in casa, non ci saranno più cose essenziali ed uscirò, anche violando la quarantena. Sarò multato? Almeno non avrò fatto lo scaricabarile che hanno fatto con noi"
scrivi un commento 4874

Una quarantena a casa e un isolamento nel camion? Può anche succedere questo quando il meteorite Covid si scaglia dietro la porta di casa.

Un’odissea che dura da due cicli di quarantena e sembra non conoscere fine. Una storia in cui nessuno sa come prendere in mano la situazione. E Simone, 19 anni, si trova catapultato dentro questo marasma più grande di lui e deve fare il grande di casa.
“Il 31 ottobre scopriamo la positività di mio nonno. Facciamo i tamponi privatamente per accertarci di non contagiare nessuno: papà positivo, mamma negativa – spiega Simone – Io dovevo farlo per forza perché la mia ragazza è paziente oncologica e non devo essere assolutamente causa di un suo male, viste le sue basse difese immunitarie”.

Primo giro di quarantena. Papà positivo, il resto della famiglia no dopo aver accertato che sierologico e tampone privato hanno dato la negatività alla mamma di Simone e alla sorellina di 17 anni.
Ma iniziano i primi problemi.
“Avvertiamo il nostro medico curante che avrebbe dovuto dichiararci alla ASL. Avrebbe perché dopo alcuni giorni, dalla ASL nessuna chiamata. Richiamiamo il medico che, nel frattempo, ha una sostituta. Allora contattiamo lei, ma dopo 15 giorni scopriamo che nulla è cambiato: il nostro medico di famiglia non ci ha dichiarati all’ASL. Inizia il panico, il primo giro di quarantena è finito e vogliamo capire come comportarci”, dichiara Simone.

Il primo giro, esattamente. “Papà è trasportatore di farmaci, vi lascio immaginare quante chiamate di lavoro ha ricevuto anche durante l’isolamento. Chiamiamo tutti, ma solo dopo giorni ci fanno capire che sono liberi dei posti per il drive through di Molfetta. Ma non per tutta la famiglia, solo due posti. Facciamo andare mamma e papà – continua il racconto Simone – Mamma, che nei giorni di quarantena aveva perso gusto e olfatto, risulta positiva. Papà è negativo. E con urgenza di lavorare. Tutti di nuovo in quarantena, papà sceglie di andare a lavorare. Dormirà in camion? Chissà”.

Nuovo isolamento, nuova quarantena. “Il covid ha travolto casa, siamo messi malissimo dopo due cicli di isolamento. Per fortuna avevamo una buona dispensa, ma siamo abbandonati a noi stessi. Chiamiamo l’ASL e ci dice di chiamare il medico curante che, a sua volta, ha un sostituto. Proviamo a seguire la trafila che ci consigliano, ma il telefono squilla a vuoto. Chi ci fa la spesa dopo tre settimane in casa? Chi ci assiste?”, sono i quesiti dello sfiduciato Simone.

Ora il grande di casa è lui. “Cerchiamo di stare più distanziati possibili, ma la casa è questa non si può ingrandire dall’oggi al domani. Si sono solo ingigantiti i problemi, con il passare dei giorni. Ci sentiamo abbandonati dal nostro medico, dall’ASL, da tutti. Non sappiamo più cosa fare – è il grido di allarme di Simone – Se non avessimo voluto stare sereni con il tampone privato, oggi quanti ne avremmo infettati? Perché io e mia sorella non abbiamo potuto effettuare tamponi? Quando finirà questa situazione? Capiterà che non avremo più cibo in casa, non ci saranno più cose essenziali ed uscirò, anche violando la quarantena. Sarò menefreghista? Saró multato? Perfetto, ma almeno non avrò fatto lo scaricabarile che hanno fatto persone più mature di me, in questo mese”.

Una situazione inverosimile. Uno scaricabarile che colpisce un po’ tutti. Non è solo il contact tracing a mancare. Ma anche una carezza, un abbraccio. Sperando che non arrivi mai a mancare un tozzo di pane, in casi come quello in cui Simone è stato inghiottito.

mercoledì 25 Novembre 2020

(modifica il 28 Luglio 2022, 8:52)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti