Mentre il covid galoppa a velocità che, probabilmente, nessuno avrebbe immaginato, la burocrazia pugliese sembra fare il percorso inverso. Molti quelli che ci scrivono, descrivendola come lenta, macchinosa, poco snella.
Elisa, per esempio, è una lettrice che ci racconta le sue difficoltà.
“Io e i miei genitori – dice – siamo a casa, in quarantena dal giorno 11 novembre a causa della comparsa di alcuni sintomi inequivocabili. Il giorno stesso i nostri medici hanno fatto partire la segnalazione all’Asl per sospetto caso covid”, sono le sue parole.
Dal sospetto caso covid al tampone passa del tempo. E quel tempo porta via i sintomi. “Ma non la positività. Dopo la denuncia dell’11 novembre, solo il 20 abbiamo fatto il tampone. I sintomi erano scomparsi, ma siamo risultati positivi”, continua il racconto.
Passa ancora del tempo e la macchina burocratica diventa sempre più lenta. “Ad oggi sono passate due settimane dalla comparsa dei sintomi, una settimana dalla positività, ma non abbiamo ricevuto alcuna chiamata per il secondo tampone molecolare – le parole di Elisa, che prosegue il suo racconto – Vorrei mostrarvi il registro chiamate dei nostri cellulari, abbiamo reperito online vari numeri di vigili urbani, ASL. Risultato? Nessuna risposta”.
Ma oltre alla mancanza di risposte, quelle poche che arrivano sono anche discordanti. “Il ministero prevede che dopo ventuno giorni dalla comparsa dei sintomi, saremmo liberi di uscire. I medici dichiarano che i ventuno giorni decorrono dal tampone – è lo sfogo di Elisa – Ciò implicherebbe stare in casa, sanissimi, fino a metà dicembre perché nessuno vuole assumersi la responsabilità di autorizzarci ad uscire, né noi siamo fuorilegge che evadiamo le regole. Abbiamo un lavoro, una vita, siamo stufi di sottostare alla lacune della burocrazia pugliese e alla disorganizzazione degli enti di sanità locale e regionale. Oggi sono una cittadina delusa”.
Una cittadina delusa. Senza risposte. Senza sintomi, fortunatamente. Ma con una grande determinazione per combattere. Nonostante tutto.