Cultura

Donna spontanea ed eccezionale. Il ricordo di Elena Germano Finocchiaro

Luigi Caputi
Tommaso Minervini e Sara Allegretta nel corso della serata dedicata a Elena Germano Finocchiaro
Ieri una serata dedicata a una delle donne più grandi del Novecento molfettese
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“Non omnis moriar” è il motto oraziano che Elena Germano Finocchiaro, anche dopo esser deceduta, potrebbe orgogliosamente continuare ad intonare.

In serate come quella di ieri, un simbolo del passato può tornare in vita, superare di prepotenza la spiritualità del ricordo e trasferirsi in un presente di sentimento e commozione.

In Fabbrica San Domenico è stata commemorata una delle più grandi icone molfettesi dello scorso secolo, venuta a mancare lo scorso 23 giugno. “Un’altra fetta di storia ci ha abbandonato- ha dichiarato in apertura Tommaso Minervini- un pezzo del nostro miglior ‘900. Il destino ha voluto che io fossi capo dell’amministrazione in occasione della morte nel 2003 di Beniamino Finocchiaro; mi sono ritrovato qualche mese fa a dover assistere, ancora da sindaco, alla scomparsa di sua moglie Elena”.

Prima ancora che la coniuge di un uno dei massimi rappresentanti della tradizione socialista locale e nazionale, è stata celebrata ieri una donna eclettica e di inesauribile vigore morale e intellettuale: brillante e rigorosa professoressa di storia dell’arte, irriducibile e acuta sostenitrice dei diritti civili e delle rivendicazioni politiche e sociali femminili, consigliera comunale e responsabile di svariate iniziative culturali.

L’onore alla defunta è stato reso non con sterili e vacui elogi indiscriminati; bensì con rievocazioni sincere, spontanee, oneste e tanto più toccanti. L’intento dei presenti, lungi da esser quello di fornire un’immagine ideale di Elena Germano Finocchiaro, è consistito nella restituzione della fedele e persino quotidiana realtà della sua esistenza. La protagonista della serata è stata ritratta con un’efficacissima varietà di toni e colori, scolpita e dipinta alla maniera delle più naturali e affascinanti (a lei così note e care) opere d’arte.

La figlia dell’illustre medico Edoardo Germano è stata descritta come uno spirito guerriero sui generis. Innovatrice e intransigente, univa ortodossia etica di stampo tradizionale e ardente impeto d’innovazione, quando non di rivoluzione socialistica. “Elena e mio fratello- ha detto Arturo Finocchiaro- hanno vissuto momenti molto difficili prima di giungere alla fama di cui continuano tutt’oggi a godere. Immediatamente prima e dopo il matrimonio ebbero problemi economici, sino al ’61, quando Beniamino fu eletto per la prima volta sindaco. Per Elena, dopo la morte del marito, sono iniziati tempi bui. In una delle ultime lettere scritte, mia cognata cercò di sfogarsi e dichiarò impietosamente che, senza la luce di Beniamino, non riusciva a vedere che desolazione e mediocrità intorno a sé. Nello stesso tempo mi riconosceva e ringraziava quale fratello che non aveva mai avuto in vita sua, delicato e prezioso confidente”.

La dedicataria della manifestazione di ieri, allieva prima e amica poi di Rosaria Scardigno, è stata poi ricordata per il suo roseo passato scolastico e politico. “Quando arrivai al Liceo Classico molfettese nei primi anni Settanta- ha detto Ottavia Sgherza- riuscii a sentirmi immediatamente a casa grazie alla presenza di colleghi di straordinario valore e di alta umanità. Tra queste c’era la professoressa Germano Finocchiaro, con la quale immediatamente sentii di avere una particolare empatia. Elena mi faceva comprendere chiaramente la limitatezza dell’ordinaria didattica libresca. Dinanzi ad un’opera d’arte, invitava gli alunni a considerare gli aspetti stilistico-formali, a individuarli e classificarli rigorosamente, quindi a risalire alla loro anima alla ricerca di una qualità etica”.

Secondo le testimonianze di parenti, amici, colleghi ed ex-alunni, andava sempre oltre l’immediata superficialità di ogni aspetto della vita; possedeva una capacità critica profonda, originale e intransigente. Dettagliata, affascinante, rievocativa è stata la testimonianza di Mons. Luigi De Palma. L’accademico e archivista della diocesi molfettese ha raccontato la sua adolescenza tra i banchi del Ginnasio, l’impatto quasi rivoluzionario che la didattica della professoressa Finocchiaro riuscì ad avere sulle menti e sugli animi di tutti gli studenti. “Era il 1973, erano anni di lotte e di incerti mutamenti- ha dichiarato Don Luigi- ma la frequenza scolastica continuava a mostrarsi pesante e logorante. Per fortuna, professori come Michele Camporeale ed Elena Finocchiaro erano capaci di farci sollevare gli occhi dai libri, di stimolare la nostra curiosità attraverso attività laboratoriali. Elena inoltre ci consentiva di accrescere e nobilitare il nostro bagaglio lessicale. Era una docente esigente e attenta a mantenere le distanze, ma tutt’altro che umiliante o presuntuosa. Ricordo ancora di quando mi chiese, durante un suo lavoro di traduzione di un’iscrizione latina, il significato della parola “nuncupatur”: non avrei mai immaginato sino a quel momento che un professore potesse chiedere un aiuto o un consiglio a un alunno. E anche oggi non mi sembra che il fenomeno sia molto diffuso”.

In seguito, a coronamento di un breve ma intenso intervento, Tonia Abbattista ha proposto al sindaco Minervini di organizzare una raccolta telematica di tutte le opere e gli scritti della figlia di Edoardo Germano: “un’iniziativa né costosa né complicata con cui si avvierebbe un nuovo modo di conoscere ciò che questa città è stato.”

L’incontro è stato chiuso da Marta Palombella e Angela Amato, che si sono soffermate sull’equilibrio e la reciproca indipendenza della coppia Germano-Finocchiaro: le due componenti del binomio si sono mantenutesempre ben distinte e nello stesso tempo profondamente unite. Tra i diversi aneddoti narrati ieri sera, uno in particolare ha destato suggestione: il dottor Edoardo Germano decise di dare a sua figlia il nome della figlia persa dall’amico Gaetano Salvemini in occasione del terremoto di Messina del 1908. Figlia adottiva della tragedia e della storia, Elena Germano Finocchiaro non ha potuto né potrà mai cessare d’esistere del tutto.

sabato 22 Settembre 2018

(modifica il 29 Luglio 2022, 9:54)

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Vincenzo De Michele
Vincenzo De Michele
5 anni fa

L'ho avuta come mia professoressa di Storia dell'arte nei tre anni del liceo classico a Bitonto. Brava, convincente nella spiegazione, moderna per i tempi di allora, forse tuttavia, un poco “superbiotta senza essere severa. Conservo ancora un ottimo ricordo e stima nonché, gli appunti delle sue lezioni sui testi scolastici della materia in questione nella quale ero classificato con un 7 che allora era un ottimo voto