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Enzo Catanzaro: «I miei due mesi da pescatore»

Pasquale Caputi
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Molfetta. Due mesi da pescatore
"Per due mesi ho fatto il mozzo. La cosa più difficile? Non dormire mai"
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“Si mangia quando non hai fame, si dorme quando non hai sonno”. Provate a dirlo a un pescatore, gli si illuminerebbero gli occhi, e magari non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. Capirà che il riferimento è a una barca, alle onde del mare, al pescato. E a una vita che, agli occhi di chi tiene i piedi per terra, è follemente sacrificata. Per chi adora oscillare come su una sedia a dondolo, invece, equivale a un privilegio.

Enzo Catanzaro ha 23 anni, di solito fa l’animatore, ma per due mesi è stato pescatore. A bordo del motopesca Europa, ha respirato l’aria del mare, testato da vicino la vita del nonno, che di professione era proprio pescatore, comandante della “Stella dei mari”.

“Da 10 anni quella barca non esiste più – afferma Enzo – ma se mi è rimasta quella passione, a tal punto da provare questa esperienza, lo devo al nonno”.

Aveva 15 anni, Enzo, quando andava al porto e passava ore e ore a godersi lo spettacolo delle barche che il giovedì tornavano a casa. Fu naturale, quindi, acquisire il libretto di mare. E naturalmente tutti divennero suoi amici, compreso il comandante Luca Binetti, che in questi due mesi l’ha tenuto a battesimo.

Enzo in questi sessanta giorni ha vissuto sulla sua pelle l’inversione dello scandire del tempo. La notte non per forza per dormire, mezzogiorno mica per mangiare. Le lancette dell’orologio di un pescatore, infatti, non sono quelle che vediamo ticchettare sui nostri polsi o sui muri di casa. Comanda la natura, e l’uomo semplicemente vi si adegua.

Il racconto della sua avventura di mozzo a bordo del motoposca è appassionante. “A volte fai colazione alle 3 di notte – racconta – Certe volte pranzi alle 10.30. Le mie giornate? Quando uno mangia, il mozzo non dorme. Lavavo i piatti, preparavo il caffè, aiutavo i marinai a tirare la rete, facevo la cernita dei pesci, lavavo la saletta, la timoneria e la cuccetta. È un lavoro tosto, che non a caso non vuole fare più nessuno”.

Le giornate sono uguali a se stesso, in quel lasso temporale che va dalla domenica sera al giovedì notte. Si esce a mare, si aspetta fino a quando non si prende il largo. Poi si cala la rete, e devi aspettare quattro ore. In questi 240 minuti devi lavare la barca, fare la cernita dei pesci, metterli nella cella frigorifera e, per quel che resta, andare a dormire.

“Sono situazioni – prosegue Enzo – che ti fanno crescere molto psicologicamente e personalmente, e il bello è che si creano rapporti umani strettissimi. Noi eravamo in cinque: il comandante, il vice Antonio, i due marinai Francesco e Costantino, e io appunto, il mozzo”. Una vera famiglia, in cui devi giocoforza dare una mano, mostrare un’umanità spesso dimenticata. Homo homini lupus? Non su una barca. Qui si è amici fraterni, compagni di lavoro, coautori di un racconto a più firme.

“Se lo rifarei? Credo disì – dice ancora Enzo – anche se il non dormire mai è un peso. Pensa che al ritorno a casa, dormivo fino al sabato mattina. È una vita complicata, e te ne accorgi appena esci dalla cuccetta. Il primo giorno stavo addirittura cadendo in mare. Devi essere attento a ogni movimento”.

Devi assecondare la danza del mare, in altre parole, e magari provare a divertirti e a divertire. Un po’ come faceva lui, da buon animatore. “Nonno diceva – conclude – che se ti abbatti sei finito”. Enzo ha semplicemente provato a seguire il suo consiglio. E a vivere in prima persona secoli di storia. Di onoratissima storia. Quelli della marineria molfettese. Di un settore che sarà pure in crisi, ma che ha la pelle dura e gli occhi vispi. Difficilmente, allora, le cose così muoiono davvero. Resistono e perdurano. D’altronde la pazienza è una virtù da pescatori.

martedì 30 Maggio 2017

(modifica il 30 Luglio 2022, 3:01)

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salvatore Azzollini
salvatore Azzollini
6 anni fa

Non so di quali anni stai parlando, perchè parli del giovedi e riposo, io lo facevo quando tornavi a riposarti a casa dopo 15 giorni, che si divideva la paga, ma a differenza di tuo nonno NON HO PERMESSO che mio figlio avesse il libretto di mare, ho vissuto quell!esperienza e decisi che io ero l!ultimo della mia famiglia a fare quel lavoro, perchè, come dici tu, è una vita da cani, senza offendere nessuno