Cultura

Tra bombe, bussate e Vexilla. I giorni speciali dei confratelli

Adriano Failli
Pasqua molfettese
Vivono pienamente in questi giorni, ma sopravvivono da secoli esercitando le proprie funzioni
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Attraversano la nostra storia cittadina da secoli, come parte integrante, attiva e talvolta determinante della società. Sono comunità il cui sviluppo e la cui sopravvivenza potrebbe essere meritevole di studi approfonditi, con valori che resistono all’avanzare dei tempi e dello sviluppo tecnologico. Parliamo delle confraternite, perno della cultura molfettese a tal punto da edificarsi come vere e proprie società nelle società.

I confratelli sono accomunati non solo da un legame di fede e dal fine pio delle loro opere, ma da quella funzione sociale che ha acquisito un’importanza storica. Tutto questo a tal punto da far costituire riti, abitudini, consuetudini tradizionali tramandate da generazioni, iniziative impregnate di un valore quasi sacrale.

D’altronde la storia di Molfetta lo insegna. Una città che nelle epoche è stata attraversata da pestilenze, moti rivoluzionari che hanno avuto conseguenze anche sul piano religioso, dominazioni e saccheggi, narrazioni diversissime, fino poi all’avvento della modernità e delle tecnologie. Un grande sviluppo storico, eppure le confraternite hanno continuato a vivere e proliferare. Ognuna con la propria peculiarità, forgiando una serie di iniziative e persino un lessico proprio che accomuna i confratelli, assieme ad aneddoti, soprannomi, che mettono in comune persone di realtà sociali diversissime.

In questi giorni abbiamo la possibilità di riconoscerle tutte e poter scoprire alcune peculiarità delle vite dei membri dei sodalizi. Si sa, loro sono i veri protagonisti degli eventi della Settimana Santa e sono pronti giorni prima a vivere appieno le ritualità ufficiali e ufficiose di questi sacri giorni.

Già a partire dal martedì grasso, quando, a poche ore dall’uscita della processione della croce e dell’inizio della quaresima, scandita dai rintocchi delle campane, i confratelli amano riunirsi nella Coena Domini, un evento conviviale, dal grande valore sociale come i tanti che si susseguono e che affiancano l’intimità dei riti.

Nel corso della Quaresima, tocca poi ad altri appuntamenti immancabili per fedelissimi e confratelli: su tutti la bussola, condita da piccoli gesti scaramantici, come la fedeltà al “numero” dei confratelli più anziani. C’è chi poi vive il periodo che precede la Pasqua costruendo la propria tradizione, il proprio rito a cui non può fare a meno. Tutto ha un valore: il sepolcro preparato in casa come fosse un presepe, il medaglione posto sulla mazzetta, il numero di nodi del laccio che lega il saio dell’abito.

C’è chi ama anche peregrinare verso le nicchie fuori città, dove sono riposte sacre immagini della Pietà e illuminarle di un nuovo lume. Poi arriva la processione e il linguaggio delle confraternite rivive di espressioni sconosciute o dimenticate nel quotidiano, recuperate dal dialetto. I lampioni diventano “le bombe” per i cambi, la silenziosa colonna sonora delle marce funebri viene rotta solo dalla “bussata” che indica di fermarsi o ripartire con il dondolio della statua di turno. I confratelli si ordinano e cantano il “Vexilla Regis”, l’inno latino, in una particolarissima accezione molfettese. Al centro, domina la scena il “mazziere” che detta il ritmo della processione.

Tutta la città sembra fermarsi in un mistico blackout e vive in funzione di un’azione sacra. Quei gruppi sociali, che silenziosamente continuano la loro attività da secoli, rivivono pienamente in questi giorni. Persino quel grande innovatore di don Tonino restò sbalordito dalla potenza delle nostre tradizioni, quando al suo primo anno, ignaro del valore che avessero per noi questi momenti, non poteva credere che una città intera, riuscisse a fermarsi, restare in silenzio e lasciar parlare la Passione.

giovedì 22 Marzo 2018

(modifica il 29 Luglio 2022, 15:33)

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