Politica

Il ricordo di Mimì Spadavecchia: «Guglielmo Minervini ci manca»

La Redazione
Don Tonino Bello e Guglielmo Minervini
Stasera alle 18.30 l'evento dedicato alla memoria di Minervini, a un anno dalla sua morte. "Era ed è un esempio di prassi e lungimiranza"
scrivi un commento 1895

A un anno dalla morte di Guglielmo Minervini, in coincidenza di un evento che, questa sera, punta a riportare alla memoria gli insegnamenti e i cardini della politica generativa di Minervini, pubblichiamo l’appassionato e accorato ricordo di una persona che ha conosciuto Guglielmo come pochi.

Mimì Spadavecchia fu consigliere comunale nel corso della prima e della seconda sindacatura di Minervini. Parteciperà anche lui a “Il cambiamento che accade”. A partire dalle 18.30 nell’auditorium del seminario regionale, con presentazioni di libri, di proposte di legge. O semplicemente una riflessione condivisa e aperta. Un po’ come quella di Spadavecchia.

“Parlare o scrivere di Guglielmo – dice – per me non è facile, in quanto rappresenta una fusione di sentimenti che mescolano i rapporti personali e la storia politica di una comunità che dopo i primi anni ’90 trova necessario credere nella necessità di cambiamento radicale della nostra società. Ma andiamo per ordine.

Nella prima parte degli anni ’80 ero segretariodella Camera del Lavoro CGIL di Molfetta, che operava attivamente alla difesa dei diritti sindacali dei lavoratori e quale presidio di lotta civile sul territorio, in un meridione che cercava di rialzare la testa rispetto a politiche di assistenza e dipendenza dai governi centrali.

La crisi economica e la contrapposizione fra i due blocchi poneva l’Italia ed il meridione in particolare, terreno di confine utile per politiche di belligeranza “fredda” che sfociarono in più di una occasione in programmi di installazione missilistica sul nostro territorio. E così durante i primi anni 80 la Puglia vedeva concretizzarsi il rischio di nuove istallazioni missilistiche sulla Murgia.

E’ stata in quella occasione che ho conosciuto Guglielmo ed altri ragazzi che animavano i movimenti pacifisti che si vennero a creare in quel periodo e che organizzavano le marce della pace fra Gravina ed Altamura. Non solo difesa del territorio, ma insieme la voglia di determinare il futuro in chiave di maggiore autonomia dai due grandi blocchi e necessità di alimentare la pace nei processi di crescita delle popolazioni.

Per chi come me credeva nelle rivoluzioni, dare una mano a questi ragazzi che dopo Altamura, Gravina e Poggiorsini (dove fu posta una pietra di inciampo con il patrocinio del Comune di Molfetta),vollero organizzare anche a Molfetta una grande manifestazione per la pace, fuun segnale di bella speranza.

Non esitai un attimo a mettere a disposizione di questi ragazzi tutto quanto era nelle possibilità della Camera del Lavoro molfettese. Mezzi, amplificazione e collaborazione. Era una rivoluzione, una piccola, incompresa ma efficace rivoluzione. Si presentava a tutti un modo di far politica diverso, fuori dai partiti che iniziavano ad avere il respiro corto per via di una pesante assimilazione ai due grandi blocchi dominanti ed a rappresentare in maniera più diretta le istanze e, soprattutto in quel momento, le paure delle persone.

Intanto era arrivato a Molfetta un altro grande rivoluzionario delle coscienze, don Tonino Bello. Il giorno della manifestazione della pace don Tonino fu invitato dai giovani pacifisti ad unirsi al corteo. Tutti conservano memoria di quel momento straordinario.

La marcia della pace rappresentò l’incontro di diverse istanze, quella del vescovo del grembiule che invitava ad essere attori protagonisti dei cambiamenti per il miglioramento della società, quelle della società civile, che Guglielmo seppe raccogliere per porsi come nuova componente di interlocuzione politica.

Oggi molti movimenti locali e nazionali pubblicizzano una dirompente rottura con la prassi politica tradizionale forse ignorando che i semi erano stati piantati in quegli anni da persone come Guglielmo e don Tonino. E per molti anni a segure questo binomio ha alimentato una nuova visione di società ed una più solida speranza.

Il mio percorso politico, solidamente imperniato sulla difesa dei lavoratori, è sempre rimasto ancorato al PCI prima e dopo il doloroso passaggio della Bolognina, nei partiti che in qualche modo hanno ereditato la tradizione comunista e pacifista. Si è intrecciato più volte con l’esperienza di politica di prossimità che Guglielmo in quegli anni andava imbastendo.

Importanti pezzi di società civile si facevano promotori diretti delle istanze e quando, dopo la drammatica stagione delle stragi mafiose di inizio anni 90, l’omicidio Carnicella a Molfetta scosse gli animi dei molfettesi non fu difficile per un uomo mite, ma dotato di grande visione prospettica della politica, come Guglielmo, avviare l’esperienza del movimento Il Percorso. Personalmente ho salutato con soddisfazione la nascita di questo nuovo movimento, ma ho sempre ritenuto necessaria la presenza di un grande partito di massa che rappresentasse la alternativa politica tanto a Molfetta quanto a livello nazionale.

La visione dei compagni de Il Percorso, alcuni dei quali provenienti da esperienze politiche nel PCI e nel PSI, altri dal mondo cattolico che aveva visto nascere Pax Christi e la Casa per la pace, era quella di rinnovare la classe politica locale e di allargare la partecipazione democratica. Erano gli anni della crisi dei partiti dopo la caduta del muro di Berlino e del duro colpo inflitto da Tangentopoli ad un sistema partitico ormai non più sostenibile.

Guglielmo in quegli anni seppe tessere una coalizione che non solo, come vittoria si dimostrerà resistente nella memoria dei molfettesi, ma che lancerà la sfida della modernizzazione della città di cui ancora oggi se ne traggono benefici. Il recupero del centro storico, l’ampliamento della zona artigianale,il Piano Regolatore Generale e il Piano di Edilizia Residenziale Pubblica danno delle risposte concrete ai cittadini. Sono gli anni in cui la grossa industria inizia la sua corsa verso il profitto sfrenato ed a pagarne le conseguenze sono sempre i lavoratori.

Si cercano soluzioni e fra i primi comuni in Italia, facciamo nascere la Molfetta Multiservizi che recupera professionalità espulse dal mondo del lavoro per utilizzarle al servizio della città che cresce.

Anche da sindaco ricordo che ha sempre sostenuto la cultura della pace,con edizioni del Corso Estivo di Pace per Israeliani e Palestinesi e nel ’97 il Convegno Internazionanle delle Donne del Mediterraneo impegnate contro ogni forma di violenza. Nel ’99, per sua iniziativa, Molfetta ha fondato, insieme a Pax Christi, la Scuola di Pace permanente.

Nella sua veste di sindaco prima e di amministratore della giunta Vendola poi, non mi sono mai sottratto dal pungolarlo su temi che più strettamente riguardavano il mondo del lavoro o della marineria molfettese. Ricordo di avergli sollecitato, attraverso un intervento in consiglio comunale, un interessamento a difesa dei pescatori molfettesi nell’ottobre del 1997 avverso la modalità di esecuzione del fermo biologico.

Pochi giorni dopo, accompagnata da una sua nota “al compagno Spadavecchia” mi recapitava la lettera dell’on. Servodio al Ministro delle politiche agricole nella quale si auspicava una modifica del D.M. circa le metodologie di esecuzione del fermo biologico che pur salvaguardando l’ambiente non danneggiasse la fragile economia della marineria locale. Guglielmo oggi ci manca per le sue qualità, necessarie per chi oggi vuol far politica. La lungimiranza e la prassi. La lungimiranza nelle idee, nella sua rinnovata visione della società, la prassi nelle soluzioni attraverso la condivisione e la costruzione di reti e di rapporti umani che compiono atti rivoluzionari alimentando la buona politica”.

venerdì 28 Luglio 2017

(modifica il 30 Luglio 2022, 0:55)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti