Attualità

Dicembre, un mese di usanze e appuntamenti

Antonio Aiello
I dolci di Natale
Le tradizioni che ci accompagneranno fino a fine anno
scrivi un commento 917

Sènda Necoèle vè pe mère, vè vestut’a Mèremere, vè cu libre e cu bastone, vè cu sacche e nu uegnòne. È nu vecchie Menzignòere, vè de notte a nisciun’ore: mètte dulce e chembitte: mèttè fiche e cecchelate, ind’o scarpe preparate” (San Nicola, va per mare, va vestito da marinaio, va con un libro e con il bastone, va con un sacco e un ragazzo. È un vecchio monsignore, va di notte a nessuna ora, mette dolci e confetti: mette fichi e cioccolate, dentro la scarpa preparata).

Chi da piccolo non ha recitato o cantato questa poesia del prof. Vincenzo Valente nel giorno più atteso per i più piccoli. Nella notte, tra il 5 e il 6, sarà S. Nicola a visitare le case dei più piccoli, dopo aver letto le loro letterine in cui chiedono doni e promettendo di essere più buoni e ubbidienti sperando di trovarli al mattino.

Per i cattivi, invece, carbone e carbonella. Quanti degli adulti di oggi erano sgridati dai propri genitori: “Non fate i cattivi altrimenti San Nicola vi porterà cenere e carboni”. Per le ragazze, invece, c’è un proverbio molfettese che propiziava il proprio futuro: “Sènd’a Necòele porte bòen’è nòev’è bòen’è sorte” (San Nicola porta buona nuova e buona sorte).

È un giorno atteso con impazienza dai bambini, quello del 6 dicembre, che dá inizio al ciclo delle festività che ci apprestiamo a vivere. Una tradizione che fu importata da Trieste agli inizi del ‘800 da un commerciante molfettese Michele Panunzio. Ed è bello vedere, alla vigilia, alcune zone della città animate e colorate da bancarelle e mercatini improvvisati. La Pro Loco molfettese, invece, la sera della vigilia della festa di San Nicola organizza “La festa di San Nicola che vien e dal mare”, giunta alla sua 19esima edizione: da bordo di una unità della guardia costiera “San Nicola” sbarca sulla banchina Seminario accolto dai bambini.

A seguire due appuntamenti religiosi in programma: l’8 dicembre la ricorrenza dell’Immacolata Concezione, preceduta dalla novena nella parrocchia di San Bernardino, nelle ore mattutine si svolgerà la processione. In passato i fidanzati si scambiavano ricordini e doni d’oro, partecipando alla novena accompagnati dalle suocere e da altri parenti. Il 10, invece, viene venerato presso la parrocchia di Santa Teresa il gruppo scultoreo della Madonna di Loreto, anch’esso è preceduta dalla novena.

In molte chiese si è già all’opera per portare a termine il presepe che nei giorni di Natale sarà visitato da fedeli e anche da molti curiosi. Le chiese rappresentano la natività con un proprio stile e interpretazione.

Il 13 si festeggia Santa Lucia che si venera presso il duomo. Anche questa ricorrenza anticamente aveva una sua tradizione: si tentava di prevedere l’andamento climatico dell’anno successivo, dalle variazioni atmosferiche che si verificavano dal 13 al 24 dicembre: ogni giorno corrisponde ad un mese dell’anno, infatti, sono esattamente 12 giorni quando sono i mesi dell’anno.

Ormai il clima natalizio si inizia a respirare, dal 15 s’iniziano a cantare per le strade della nostra città “La Santa Allegrezza”. Gruppi di ragazzi con strumenti, cori, doppie voci, ripercorrono la città creando un’atmosfera magica con un vasto repertorio di canti natalizi includendo anche la canzone di Buon Anno e alcune nenie in lingua molfettese. Al temine dell’esecuzione viene aggiunta al testo la caratteristica frase “Uè la patròene, uè la patròene, iess u cheniste de re ccoese bbuone (ohè la padrona, ohè la padrona porta il canestro delle cose buone).

Ormai l’attesa sta per finire ed ecco che il calendario ci segna la vigilia di Natale. Molfetta, nonostante l’evoluzione dei tempi rimane legata alle sue usanze popolare: alla vigilia di natale si mangiano: “cime di rape” con limone, capitone e baccàla, frittele e frutti di mare. In attesa della mezzanotte, non manca la tombolata, prima di andare alla classica funzione della veglia. Ogni chiesa stabilisce un orario diverso mentre nella Cattedrale il rito è celebrato dal Vescovo. Un’altra tradizione prevede che prima di uscire da casa, il più piccolo, accompagnato dal più classico “tu scendi dalle stelle” in processione deponga Gesù Bambino nella natività.

Il Natale è arrivato. Molti in questo giorno cercano di rispettare un antico proverbio cercando di tornare dai propri cari: “Nètale fau’ a caste. Pasqu’adda t’acchi a t’acchie” (Natale a casa tua, Pasqua dove ti trovi). Addio alle diete si preparano pranzi particolari non mancano le specialità dolciarie: “mostaccioli”, “canigliate”, “calzengicchie”, “torroncini”, “sessemledde” e “spume di mandorle”. Una tradizione ormai in disuso prevedeva che i più piccoli nascondessero la letterina a Gesù Bambino sotto il piatto del papà, nella lettera si affidavano i membri della famiglia al “Salvatore”. Per ricompensa il classico bacio da parte del capo famiglia e qualche lacrimuccia d’emozione.

Dopo il Natale, tutti ad aspettare il 31 dicembre che segna il passaggio di un altro anno. In città ormai echeggia la frase: “Buona fine e buon principio” come un rito scaramantico per lasciare alle spalle tutto quello che è successo nei 365 giorni appena trascorsi. In attesa della mezzanotte e del divertimento si contrappone un rito spirituale di grande importanza: il “rito del te deum” ovvero del ringraziamento che si svolge in Cattedrale, officiata dal vescovo, dove si canta appunto il te deum in latino e si ringrazia dell’anno trascorso.

Tutti a casa per riunirsi in famiglie oppure ritrovarsi con gli amici per il rituale cenone con i tradizionali 13 piatti. A mezzanotte con spari e spumante si saluta il nuovo anno che verrà affidandosi alla buona stella. Occhio a chi incontrate, però. Anche qui c’è un detto non scritto ma tramandato, legato all’età di chi casualmente trovate per strada

mercoledì 5 Dicembre 2018

(modifica il 29 Luglio 2022, 7:58)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti