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Anastasia Patimo: “Il racconto della mia Africa”

Martina Visaggio
L'esperienza di Anastasia Patimo a Nairobi
«Il mio contributo come volontaria è iniziato nella mia città»
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“Black Lives Matter”.

Nella nostra lingua traducibile come “le vite dei neri contano”.

Queste sono tre parole che abbiamo letto e sentito spesso in questo periodo: mesi ricchi di azioni e reazioni.

“Black Lives Matter” è un movimento attivista nato in America impegnato nella lotta conto del razzismo, perpetuato a livello socio-politico, verso le persone di colore. Il movimento nato nel 2013, conosce riscatto in questo 2020. Un anno particolare, segnato anche dalle ultime e spregevoli vicende che hanno colpito il continente oltreoceano. Il motto del movimento è diventato virale.

La causa ha toccato anche l’Italia e con lei la nostra Molfetta non è rimasta esclusa, mostrando solidarietà e vicinanza.

Il razzismo esiste, inutile negarlo. Ben radicato nella società, come una pianta difficile da estirpare.

Un maschio in alcuni momenti latenti.

Una vicenda, pochi mesi fa, ha coinvolto direttamente l’Italia: Silvia Romano, volontaria in Africa, viene liberata dopo più di un anno e mezzo di reclusione. Torna in Italia convertita, indossando abiti islamici: la lieta notizia si trasforma in una pioggia di insulti e minacce.

La ragazza è per lo Stato che ha dato i natali, peccatrice. Di cosa? Aver cambiato religione.

Questo è razzismo: intolleranza religiosa.

Ma lo “scandalo” è allargato e non finisce per riguardare solo gli abiti che indossa, le problematiche richieste abbracciare molte altre idee stereotipate: “per aiutare non è necessario arrivare fino in Africa, anche qui in Italia c’è bisogno di aiuto”; “quelle sono zone pericolose, se l’è cercata”.

L’idea comune è quella seconda cosa, se si sente l’esigenza della tariffa del bene del prossimo, puoi tranquillamente farlo “a casa tua”.

A Molfetta sono tanti i ragazzi impegnati nella socialità con le associazioni di volontariato, sono tutti i ragazzi che vogliono del bene “a casa loro”. Sono quelli che vogliono fare del bene ai nostri anziani più bisognosi e lo fanno perché pervasi da un senso di responsabilità.

Anastasia Patimo, è una di loro. Giovane 22enne, tecnico della riabilitazione psichiatrica e da sempre volontaria del SER. Ma nell’agosto del 2018, il grande passo: il suo primo viaggio in Africa, a Nairobi, come volontaria per l’associazione Amani per l’Africa.

«È un fuoco che ti pervade e io l’ho assecondato – racconta la giovane volontaria – Quando decidi di spingerti fin lì, in Africa, significa che Il tuo lavoro come volontario è iniziato nella tua città».

Essere volontari è una scelta, metti da parte paura e diffidenza e lasci spazio a sentimenti opposti: idea di accoglienza e scambio reciproco. Nella tua terra, così come fuori dai confini di casa.

Anastasia fa un tuffo nel passato e con questi termini racconta la sua esperienza.

«Non deve esistere l’idea di aiuto unilaterale – spiega – in questo modo ti poni in una condizione di superiorità. Emotivamente loro hanno aiutato me, mi hanno donato tanto dal punto di vista umano. Sono tornata arricchita ».

I commenti, prima e dopo la partenza, anche nel suo caso non sono mancati.

«Non pretendo che tutti capiscano, vorrei solo che la scelta non venga giudicata – afferma – perché denigrare la scelta di una ragazza? Bisognerebbe astenersi da giudizi superficiali e poco profondi ».

Molfetta è parte di questo mondo e nel suo piccolo lo rispecchia a pieno, bellezze e disarmonie incluse.

Siamo parte di un tutto ed abitiamo la stessa casa: non dovremmo sentirci estranei.

A Molfetta il senso di responsabilità non è mai mancato.

Dobbiamo fare meglio, imparando a combattere una falange, proteggendo gli altri.

venerdì 10 Luglio 2020

(modifica il 28 Luglio 2022, 12:48)

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